Come giungere all'abbazia?
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Negli
scorsi millenni la situazione della viabilità e delle zone abitate in
Romagna subì diversi cambiamenti, e più volte inversioni di tendenza.
In periodo preistorico le vie di scorrimento e gli insediamenti che si
trovavano intorno a tali strade, erano localizzati soprattutto in zone di
bassa-media collina.
I Romani cominciarono a bonificare le parti basse delle valli, e
costruirono strade e ponti molto efficienti per l’epoca, quindi la
viabilità e le zone abitate cominciarono ad espandersi nei fondovalle e
lungo i fiumi, mentre dopo la caduta dell’impero romano si cominciarono
a costruire luoghi fortificati sulla cima di colline e montagne, e le
popolazioni abbandonarono il piano per riportarsi sui crinali.
Dalla fine del Rinascimento in poi, avvenne di nuovo il fenomeno inverso,
che lentamente ha portato alla situazione attuale.
Ad esempio in Val Savio possiamo trovare una frazione che ben rappresenta
questi movimenti, ed è la zona che va da Sarsina a Quarto, tra il Fosso
di Montalto (o del Mulinaccio) e il Fosso di Valbiano, chiusa dal Savio
nella parte bassa e dal crinale in quella alta.
Inserito in queste valli si trova il vecchio borgo di Montalto, il “Castrum
Montis” uno dei più antichi fortilizi che si raggiunge lasciando
Sarsina in direzione di Quarto percorrendo una strada lunga qualche
chilometro; tale borgo conserva molte delle caratteristiche
medioevali: le costruzioni sono arroccate sulla cima di una collina
attorno a un grande palazzo centrale, e sono circondate dai resti ben
visibili di un muro di cinta.
Da Montalto, proseguendo sulla strada che scende verso il vicino prato si
arriva alla chiesa di San Salvatore.
Il sentiero si digrada leggermente tra gli alberi.
Il luogo è bellissimo: in primavera vi è un gran svolazzare e
cinguettare; davanti alla chiesa si erge una quercia imponente, forte e
viva; sul lato destro si apre un prato ampio e verdissimo, che avvalla
verso il piccolo cimitero. Poco oltre si trova il palazzo conventuale,
immerso nel bosco e circondato da sterpi.
L’Abbazia di San Salvatore in Summano ha origini antichissime, forse
anteriori al Mille, di certo è documentata almeno dal 1041, anno in cui
compare in un atto notarile l’abate Graziano che la dirige. La stessa
frequentazione della località sembra avere origini antichissime; gli
erudi locali nel passato sostenevano che il nome “Summano” sarebbe
derivato da un precedente tempio pagano dedicato al dio Plutone o al dio
Giove “Summo Mane”.
Non molto si sa delle prime fasi della sua vita, anche se la presenza
umana nella zona è testimoniata da rinvenimenti archeologici e da
numerosi materiali di reimpiego trovati nella chiesa abbaziale. Nei secoli
immediatamente seguenti l’abbazia di S. Salvatore gode della protezione
di vari Papi che le assicurano ricchezza e potenza.
L’abbazia fino alla fine del XII secolo segue la Regola Benedettina, ma
almeno dalla seconda metà del secolo successivo i monaci si orientano
verso quella Camaldolese. I Camaldolesi la lasceranno nel 1568, quando
papa Pio V l’unirà in perpetuo alla mensa vescovile di Sarsina.
Attualmente la chiesa, nonostante le origini remote, conserva ben pochi
elementi antichi a seguito di varie vicende che alternano crolli e
ricostruzioni, fino al trasferimento dei pezzi più pregiati in luoghi più
sicuri.
Oggi la costruzione si presenta con le pareti esterne quasi intatte,
mentre il tetto è crollato del tutto; resiste invece il piccolo e
grazioso campanile. L’edificio era rovinato nel 1891 sotto il peso della
neve depositatasi sul tetto; era poi stato semidistrutto da una frana
attorno al 1940, ed era stato ricostruito dalla Soprintendenza ai
Monumenti dopo la seconda guerra mondiale. Comunque, conserva ugualmente
un grande fascino e una grande bellezza, sia per l’architettura in sé,
sia per il paesaggio che le fa da cornice.
La pianta è molto semplice, a navata unica, e sul fondo si apre
un’abside circolare. Appoggiate alla chiesa sul lato sinistro vi erano
due stanze (probabilmente una canonica costruita per il parroco che venne
insediato qui nel XVI secolo), una delle quali è crollata e l’altra è
in piedi; subito dietro si erge il piccolo campanile.
Il portate, realizzato in cotto, è strombato, e nella parte superiore la
facciata era animata da una bifora. Fra i due elementi si trovava un
rilievo marmoreo dal frontone a capanna, di reimpiego, rappresentante
Cristo in trono fra i santi arcangeli Michele e Gabriele; il rilievo viene
datato al X secolo, ma la lastra è stata incisa originariamente nel VII;
attualmente è inserito nell’altare maggiore della Cattedrale di
Sarsina. Era del resto comune il riutilizzo di materiale, e qui vicino era
situata un’antica necropoli; sempre dalla chiesa infatti, dove era stata
usata come elemento di rivestimento interno, proviene la celebre stele di
Antella Prisca, conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Sarsina.
Presso il Museo Diocesano di Arte Sacra sono invece conservati altri
reperti ed opere d’arte pertinenti in origine a questa chiesa, tra i
quali un tegolone in cotto con un grifo alato in bassorilievo, rarissimo
elemento architettonico databile al XIII secolo.
All’interno della chiesa si possono ancora ammirare i begli archi in
mattoni a tutto sesto, e nel presbiterio sussiste l’altare in marmo.
È molto suggestivo stare qui dentro, coi piedi nell’erba e sulla testa
le nuvole e i canti di uccelli e i raggi del sole che entrano dai buchi
del tetto; è un luogo profondamente mistico, sembra un punto d’incontro
tra terra e cielo.
Un luogo che per la sua natura incontaminata, la ricca flora e la fauna
selvatica è stato riconosciuto Sito di Interesse
Comunitario con la denominazione Careste presso Sarsina.
Il testo è tratto dall'articolo
NELLA VAL DI SAVIO TRA SARSINA E QUARTO: IL FOSSO DI MONTALTO E IL
FOSSO DI VALBIANO,
di Carla Iacono Isidoro e Ferruccio Cortesi
Puoi anche
consultare la bella testimonianza di viaggio della blogger Vittoria
Tommasi cliccando
qui e guardare il video
realizzato dalla stessa.
Nei pressi
di Montalto, si trova il Parco delle Marmitte dei
Giganti
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